Gigi riprende la farsa
già frequentata nel 1968, adattandola per il pubblico italiano e riservando per sè questa volta la parte del
regista, e crea uno spettacolo di superba bellezza, dai tempi perfetti che
recano in sè l'inconfondibile swing del Mandrake.
Cura maniacale del dettaglio e della
caratterizzazione di ogni singolo personaggio, addirittura dei
ringraziamenti, che permettono l'ultima risata, attori di classe molto
elevata, dal primo all'ultimo, scene bellissime di Alessandro Chiti, su
pedane girevoli che non si è più tanto abituati a vedere sui nostri
palcoscenici, una compagnia affiatata, due stelle. Questi gli ingredienti.
Gigi vi ha profuso il suo ritmo forsennato, la sua divertita ironia
profondamente romana, quella per cui "Morto un papa se ne fa un
altro", la sua sensualità, sia pure messa in burletta,
l'intelligente constatazione della ricchezza che in Italia rappresentano
gli accenti regionali, e su tutto ha sparso una generosa dose di gioia di
vivere. Come adattatore, ha sbizzarrito la sua fantasia di equilibrista
della parola, congegnando nomi propri e di luogo che non sono mai
semplicemente buffi: basti pensare all'Oronzo Piccione ministro della
Giustizia, e all'ormai famoso ministro Duemonti suo Presidente del
Consiglio.
Sabrina Ferilli, in un ruolo che le
è congeniale, libera anche dalle insidie della perfetta dizione italiana,
merita lo scettro di Magnani dei nostri tempi che, non per sminuirla, sono
quelli che sono, ma forse qualcuno in futuro li rimpiangerà. Sensuale,
più che bella, da mozzare il fiato anche alle signore nelle guepière
scintillanti di paillettes che la inguainano, esplosiva nella gioia di
vivere, darsi e ottenere dai maschietti che irretisce, senza alcun altro
fine che il proprio divertimento, divertente e divertita nell'alternarsi
di francesismi e burinate che strappano la risata soprattutto in virtù
dei loro tempi.
Maurizio Micheli le tiene testa con
garbo e leggerezza, e regala allo spettacolo momenti veramente sublimi
nelle apodittiche maledizioni dialettali che riserva al proprio
usciere.
Tutti i personaggi secondari appaiono
credibili nel loro essere poco più che macchiette, ognuno portatore di
qualche caratteristica nevrotica che, per quanto inevitabilmente caricata,
appare plausibile. Meritano l'applauso a scena aperta Paila Pavese, capace
di sguardi smarriti di una bellezza commovente; Miro Landoni, cui tocca in
sorte un ruolo che potrebbe essere odioso, ma che finisce per essere
adorabile; Daniela Terrani, che in tre piccole parti, come capita ai
grandi attori, finisce talvolta col rubare la scena ai protagonisti;
Gianni Cannavacciuolo, capace di suscitare ilarità semplicemente
muovendosi sul palcoscenico, grazie anche alla scelta registica di
effeminare il suo personaggio, rendendolo una checca orgogliosa, come
Tognazzi nel Vizietto.
Gigi è amico di Virgilio Zernitz da
molti anni, insieme hanno lavorato fin dai tempi del debutto del Mandrake,
e va almeno ricordato il suo Rauguenau nel Cirano.
Con Paila Pavese hanno lavorato anche in quella meraviglia che è Caro
Petrolini. Massimiliano Giovanetti è al momento la spalla favorita di Gigi, ed ha
partecipato praticamente a tutti gli spettacoli messi in scena da lui
negli ultimi cinque anni. Nello spettacolo lavora anche Susanna Proietti,
primogenita del Mandrake.
Le
critiche