Gigi Proietti: La presidentessa 2

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2005 Di Maurice Hennequin e Peter Veber Regia di Gigi Proietti
Con Sabrina Ferilli, Maurizio Micheli, Virgilio Zernitz, Massimiliano Giovanetti

Gigi riprende la farsa già frequentata nel 1968, adattandola per il pubblico italiano e riservando per sè questa volta la parte del regista, e crea uno spettacolo di superba bellezza, dai tempi perfetti che recano in sè l'inconfondibile swing del Mandrake.

Cura maniacale del dettaglio e della caratterizzazione di ogni singolo personaggio, addirittura dei ringraziamenti, che permettono l'ultima risata, attori di classe molto elevata, dal primo all'ultimo, scene bellissime di Alessandro Chiti, su pedane girevoli che non si è più tanto abituati a vedere sui nostri palcoscenici, una compagnia affiatata, due stelle. Questi gli ingredienti. Gigi vi ha profuso il suo ritmo forsennato, la sua divertita ironia profondamente romana, quella per cui "Morto un papa se ne fa un altro", la sua sensualità, sia pure messa in burletta, l'intelligente constatazione della ricchezza che in Italia rappresentano gli accenti regionali, e su tutto ha sparso una generosa dose di gioia di vivere. Come adattatore, ha sbizzarrito la sua fantasia di equilibrista della parola, congegnando nomi propri e di luogo che non sono mai semplicemente buffi: basti pensare all'Oronzo Piccione ministro della Giustizia, e all'ormai famoso ministro Duemonti suo Presidente del Consiglio.

Sabrina Ferilli, in un ruolo che le è congeniale, libera anche dalle insidie della perfetta dizione italiana, merita lo scettro di Magnani dei nostri tempi che, non per sminuirla, sono quelli che sono, ma forse qualcuno in futuro li rimpiangerà. Sensuale, più che bella, da mozzare il fiato anche alle signore nelle guepière scintillanti di paillettes che la inguainano, esplosiva nella gioia di vivere, darsi e ottenere dai maschietti che irretisce, senza alcun altro fine che il proprio divertimento, divertente e divertita nell'alternarsi di francesismi e burinate che strappano la risata soprattutto in virtù dei loro tempi.

Maurizio Micheli le tiene testa con garbo e leggerezza, e regala allo spettacolo momenti veramente sublimi nelle apodittiche maledizioni dialettali che riserva al proprio usciere. 

Tutti i personaggi secondari appaiono credibili nel loro essere poco più che macchiette, ognuno portatore di qualche caratteristica nevrotica che, per quanto inevitabilmente caricata, appare plausibile. Meritano l'applauso a scena aperta Paila Pavese, capace di sguardi smarriti di una bellezza commovente; Miro Landoni, cui tocca in sorte un ruolo che potrebbe essere odioso, ma che finisce per essere adorabile; Daniela Terrani, che in tre piccole parti, come capita ai grandi attori, finisce talvolta col rubare la scena ai protagonisti; Gianni Cannavacciuolo, capace di suscitare ilarità semplicemente muovendosi sul palcoscenico, grazie anche alla scelta registica di effeminare il suo personaggio, rendendolo una checca orgogliosa, come Tognazzi nel Vizietto

Gigi è amico di Virgilio Zernitz da molti anni, insieme hanno lavorato fin dai tempi del debutto del Mandrake, e va almeno ricordato il suo Rauguenau nel Cirano. Con Paila Pavese hanno lavorato anche in quella meraviglia che è Caro Petrolini. Massimiliano Giovanetti è al momento la spalla favorita di Gigi, ed ha partecipato praticamente a tutti gli spettacoli messi in scena da lui negli ultimi cinque anni. Nello spettacolo lavora anche Susanna Proietti, primogenita del Mandrake.

Le critiche 

La locandina (grazie a FABIOLA, che se aspettavo il Brancaccio stavo fresca!)

 

 

Sabrina Ferilli, la Presidentessa

 

 

Sabrina Ferilli e Maurizio Micheli

 

 

Micheli, Ferilli, Proietti

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