Gigi Proietti: Preferisco il Paradiso

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2010 Regia di Giacomo Campiotti
Con Francesco Salvi, Roberto Citran, Sebastiano Lo Monaco, Francesca Chillemi

Girato nell'estate del 2009 tra Pienza e Viterbo (questa città ricorre nel destino del Mandrake), andato in onda il 20 e 21 settembre 2010 con ottimo riscontro di pubblico: la prima sera ha conquistato 6.345.000 spettatori con uno share del 23,88%, la seconda ha sfondato l'auditel con 7.165.000 telespettatori e il 27.37% di share, battendo nettamente la concorrenza, che a onor del vero neanche ci prova a controbattere, trasmettendo un film al quarto passaggio televisivo.

E' la storia di S. Filippo Neri, fiorentino trapiantato a Roma dall'età di vent'anni e fino alla morte in tarda età, inventore dell'oratorio; santo atipico, gioioso e divertente, ma con la prerogativa di levitare e compiere miracoli.

Lo sceneggiato forza un pò la mano alla biografia perchè ritrae un Filippo cinquantenne all'epoca dell'arrivo a Roma, ma meglio così che vedere una puntata con un altro attore di età congrua. Si racconta dell'inizio dell'oratorio con una truppa di bellissimi ragazzini, alcuni dei quali anche molto espressivi, delle difficoltà che la struttura ha incontrato durante tutta la sua esistenza; incidentalmente si racconta anche qualche miracoluccio come quelli che in genere riescono al Principale.

Gigi è intimorito dal personaggio, la sceneggiatura non va al di là della favoletta edificante: i critici concordano che il personaggio viene fagocitato dall'attore, essendo stato ridotto a un prete da strada che solo casualmente si chiama Filippo Neri e fa qualche miracolo, ma che avrebbe potuto benissimo chiamarsi S. Gigi. Probabilmente in certo qual modo è vero, ma penso anche che qualunque santo, prima di essere innalzato alla gloria degli altari, sia stato un uomo, e che sia legittimo cercare di entrarne nei panni con la personalità e il carisma che si possiedono. Secondo me Gigi entra in punta di piedi negli abiti talari, e le accuse di gigionismo che si guadagna come al solito dai critici sono un pò legate al preconcetto che da sempre lo accompagna. In realtà interpreta un uomo sicuro soltanto della sua fede in Dio, ma pieno di dubbi sull'esperienza terrena; profondamente intenerito dall'umanità, che anche quando lo indigna è comunque da lui compresa, amata e sempre e senza condizioni perdonata e accolta; che si meraviglia dei miracoli che riesce a compiere ma si affida completamente a Dio e, come emerge con inequivocabile chiarezza nell'interpretazione di Gigi, felice e stupefatto prosegue nel miracolo finchè dura; che, quando respinto, ne soffre e basta, senza condannare e senza chiedere nè chiedersi i motivi per cui viene respinto, come un bimbo, e subito dopo ricomincia a offrire come niente fosse; che è completamente felice quando entra in comunione con Dio, ma prova una gioia sincera anche nei piccoli miracoli di tutti i giorni come le lucciole; che quando alza gli occhi al cielo lo fa cercando l'aiuto di un amico; che agisce in favore dei poveri e dei diseredati con una naturalezza che fa intuire come per lui occuparsi dei suoi fratelli sia semplicemente necessario tanto quanto bere e mangiare; che è in grado di parlare a tutti con la stessa dolcezza, con la stessa gioia negli occhi; che scopre che tutto ciò che per lui è incondizionatamente vero non lo è invece per i principi della Chiesa, si accorge sempre tardi di aver parlato troppo, e quindi si ritrae, quasi come una tartaruga nasconde la testa, umiliandosi per fede, per disciplina, ma anche per la paura di perdere quanto realizzato. Tutto questo senza mai ricorrere allo sguardo tra il patetico e il bovino che i nostri attori, ma anche la storia dell'arte, hanno sempre attribuito agli uomini di fede. Tutto questo credendo, o almeno trasmettendo l'impressione, che poi è quello che conta, di credere molto profondamente a quello che dice, grazie a quei suoi occhi notturni che per me rappresentano la cosa più splendente che ha, e che si fanno di carezzevole velluto quando distilla la parabola del figliol prodigo, saluta un amico moribondo, perdona l'imperdonabile o accoglie nel suo amore prostitute e delinquenti.

Interpretazione spiazzante, senza dubbio, proprio perchè lontana dagli stereotipi imposti ai vari personaggi, non solo, ma anche lontana dallo stereotipo di Gigi Proietti, che attinge qui forse anche dalla sua esperienza di padre, in uno sceneggiato coinvolgente. Fantastica poi l'interpretazione di Francesco Salvi, nell'ingrata parte dell'amico fraterno che tutti vorremmo avere, e buone le prestazioni degli altri protagonisti.

 

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